L'isola della strega
Rubrica: Gli articoli di TeresaDopo un naufragio, Stephen approda su un’isola misteriosa dove trova rifugio presso una donna affascinante, Orchidea Nera. Ma ciò che sembra salvezza si trasforma in incubo: lei è una strega maledetta e lui diventa la sua nuova prigionia. Nessuno esce vivo da quella casa.

Stephen si guardò intorno spaesato. Guardò tristemente in lontananza il suo panfilo che affondava. Aveva appena avuto il tempo di catapultarsi nella scialuppa prima che la sua barca si immergesse nelle acque profonde dell’oceano e fortunatamente era riuscito a salvarsi. Iniziò a remare verso una piccola isoletta che era diventata in un attimo la sua salvezza e che poco prima non aveva notato, non ricordava di averla vista nelle sue mappe. Mentre remava vigorosamente, si rammaricò di non aver potuto prendere nulla di utile dalla sua barca da portare con sé. Non aveva nemmeno ben chiaro cosa aveva colpito il suo panfilo; ricordava solamente che all'improvviso si era reso conto che stava inesorabilmente affondando.
Approdato sulla piccola isoletta si sentì decisamente stanco per lo sforzo di remare velocemente, così si sedette su un tronco lungo la piccola spiaggia cercando di pensare al da farsi. Doveva reagire; la priorità era cercare cibo e un riparo senza dimenticare di accendere un fuoco per segnalare la sua presenza. Si alzò pesantemente mentre sentiva il suo stomaco vuoto brontolare. Il sole ormai aveva asciugato completamente il suo corpo muscoloso, frutto di ore in palestra ma sentiva ugualmente freddo.
Si guardò intorno ma non vide nulla che lo potesse aiutare a calmare i morsi della fame, così decise di addentrarsi nella foresta che era proprio davanti ai suoi occhi. Magari avrebbe potuto trovare qualche frutto da sgranocchiare. In realtà, l’idea di attraversare quella enorme selva di alberi secolari non lo allettava per nulla ma se voleva sopravvivere in attesa dei soccorsi, doveva trovare il modo di calmare il continuo brontolio del suo stomaco.
Mentre camminava, teneva gli occhi fissi sul terreno per non rischiare di appoggiare i piedi su qualcosa di appuntito che lo potesse ferire dato che non aveva nemmeno potuto recuperare le sue scarpe; non sapeva proprio come avrebbe potuto farcela da solo e senza mezzi in quella piccola isola di cui fino a qualche ora prima non ne conosceva nemmeno l’esistenza.
I piedi iniziavano a fargli male; il terreno era duro e spesso e il povero Stephen ormai non ce la faceva più; era oltremodo demoralizzato dato che non aveva trovato nulla di cui cibarsi. Continuò a camminare mentre il sole lasciava lentamente il posto al tramonto. Si sentì sperduto e spaventato al pensiero che presto il buio avrebbe avvolto l'isola e lui non era nemmeno riuscito a trovare un riparo oltre al fatto che di cibo non vi era nemmeno l’ombra. Ora iniziava davvero ad avere paura…
All'improvviso, alla sua destra scorse una sorta di viottolo, o così almeno sembrava dato che in quel punto l'erba non cresceva così decise di imboccarlo sperando lo portasse in un posto sicuro per la notte. Camminò ancora per molto tempo mentre il buio incombeva su di lui e proprio mentre stava perdendo completamente ogni speranza, vide a circa una ventina di metri, una piccola luce. Rincuorato, accelerò il passo per raggiungerla e si trovò con sua enorme sorpresa, davanti ad una piccola casa con il camino fumante. Si guardò nuovamente intorno per capire se stava entrando in un villaggio, ma non vi erano altre abitazioni nei paraggi, per cui si fece coraggio ed andò a bussare alla porta. Dopo qualche secondo, lo aprì una bellissima donna dai capelli neri lunghissimi. “Buonasera viaggiatore. Come sei arrivato fino a qui?”. Stephen, incoraggiato dal sorriso della donna e tremante per il freddo che stava diventando sempre più intenso, le raccontò cosa gli era successo molto succintamente e le chiese se poteva aiutarlo.
“Entra viaggiatore, qui troverai cibo caldo ed un letto per riposare”. Stephen entrò e si trovò davanti ad un bel camino scoppiettante. Si sedette accanto al fuoco mentre la donna gli sorrideva.
“Come ti chiami viaggiatore?”
“Mi chiamo Stephen... e tu bella signora?”
“Il mio nome è Orchidea Nera”. Stephen le fece i complimenti per il bellissimo nome mentre lei gli portava del pane fresco appena sfornato e del formaggio che l’uomo divorò avidamente. Per annaffiare il tutto gli offrì del vino bianco dolce e lo osservò attentamente mentre assaporava con gusto il frugale pasto.
“Orchidea, ma come mai in questa isola esiste solo la tua casa? Non ne ho viste altre nei dintorni”. La donna, si sedette accanto a lui e gli raccontò che era stata maledetta da una strega un secolo prima e da allora era prigioniera in quel piccolo atollo. La maledizione che le era stata lanciata era stata mitigata da un altro stregone che aveva fatto in modo che non le mancasse nulla, ma lei non poteva nemmeno uscire dalla porta. Poteva solo guardare la foresta circostante dalla finestra. Con molta rassegnazione gli disse anche che ormai dopo tanto tempo era abituata a questo stato di cose e non soffriva più. Lui la guardò stupito da quella rivelazione e per un attimo non seppe se crederle o meno; allora Orchidea Nera che vide sul suo viso il dubbio, lo prese per mano e lo fece alzare.
“Vieni... ti faccio vedere”. Aprì la porta e cercò di mettere un piede all'esterno, ma un fulmine le colpì la punta della scarpa. Stephen, fece un salto all'indietro per lo spavento improvviso. “Hai capito ora di cosa parlo?”. “Ti confesso che per un attimo ho creduto che tu ti stessi prendendo gioco di me... ma ora capisco che hai detto la verità. Ti chiedo scusa per aver dubitato”. Stephen le chiese se c'era un modo per annientare la maledizione, ma Orchidea Nera, scosse la testa in segno di diniego. Non esisteva nulla che potesse sconfiggerla. Stephen rimase molto turbato da quella rivelazione.
“Mi dispiace moltissimo bella Orchidea e capisco come ti senti…io vorrei ritornare a casa, ma ho paura che resterò bloccato su quest'isola ancora per molto tempo. Domani mattina, proverò ad accendere un fuoco sulla spiaggia. Magari passa qualche aereo oppure una nave … qualcuno che mi veda e mi porti via da qui e magari riesco a portare via anche te”. Orchidea Nera era girata verso il camino e ravvivava il fuoco. Fece una risatina ironica.
“Sei così sicuro di voler tornare nel tuo mondo?” Si girò verso di lui e i suoi occhi neri in quel momento luccicavano, ma la luce che emanava lo sguardo della donna non apparve rincuorante a Stephen. Con voce più forte, Orchidea gli disse.
“E sei così sicuro che riuscirai a varcare la mia porta per uscire???”. In quel preciso istante, Stephen vide una grande cattiveria negli occhi di quella donna che fino a pochi minuti prima gli aveva offerto ristoro, sorrisi e gentilezza. Corse verso la porta e la aprì ma appena tentò di uscire, un fulmine lo colpì ad una mano tagliandola di netto. Stephen urlò per l'immenso dolore. Rientrò in casa terrorizzato, tenendosi il braccio con l'altra mano. Il dolore che provava era immenso ma con sua enorme sorpresa vide che dal moncone non fuoriusciva nemmeno una goccia di sangue. Orchidea Nera, lo fece sedere a forza su una scomoda sedia posta vicino al camino.
“Non muoverti!”, gli intimò e l’uomo che era completamente in stato di shock non disse una parola. Lei gli toccò il braccio ed improvvisamente riapparve la mano. Stephen strabuzzò gli occhi per la sorpresa
“Come hai fatto? E perché non posso più uscire? Chi sei tu? Una maledetta strega forse?”
“Ti prego lasciami andare!!”, piagnucolò Stephen cercando di intenerirla.
“Non puoi andare via. Non puoi più uscire. Sei condannato a restare con me per l'eternità!!” urlò Orchidea scoppiando in una risata malefica che fece rabbrividire il povero Stephen che preso dal terrore, reagì alzandosi dalla sedia di colpo, prese l'attizzatoio accanto al camino e si scagliò contro di lei, tentando di colpirla. Orchidea Nera alzò la mano destra e lui si bloccò. In pochi secondi, quell'uomo che aveva senza saperlo varcato la soglia del male, si trasformò in una sedia bitorzoluta. La donna, sorrise soddisfatta e compiaciuta. Prese la sedia che fino ad un attimo prima era stata un uomo e la avvicinò al suo tavolo. Ora le sedie erano quattro.
“Ci vuole un bel vaso al centro... arriverà presto... sicuramente molto presto”.