La legge del karma: causa, effetto e destino
Rubrica: Oltre il veloIl karma, radicato nel sanscrito, rappresenta azione e conseguenze nelle filosofie orientali. Legato a morte e reincarnazione, spesso mal interpretato come giustizia o destino, è centrale nell'induismo e nel buddismo. La comprensione del karma, con tipologie come cosmico e individuale, deriva dai Veda. La filosofia indiana poggia su quattro pilastri: la ruota del karma, Maya, yoga e moksha. Liberarsi da diverse strutture karmiche richiede bruciare l'archivio di azioni passate. La schiavitù karmica deriva dall'attaccamento ai risultati, mentre lo yoga offre una risposta efficace.
La parola karma deriva dalla radice sanscrita कर्मन् (kri) e significa azione, risultato, causa che porta a determinati effetti, e nello specifico indica le azioni compiute in questa o in altre vite. È un concetto proprio delle filosofie orientali che si inserisce nel ciclo di morte e reincarnazione. Spesso viene erroneamente usato per intendere una sorta di giustizia superiore, di destino, ma le cose non sono cosí semplici.
Nell’ induismo prima e nel buddismo poi, il karma è la legge di causa-effetto che regola la vita di tutto ció che esiste nell’universo e lega le anime alla ruota del Samsara, ovvero al viaggio che ogni anima deve affrontare per liberarsi e poter riconnettersi al Sé superiore, origine e fine di tutto. La purificazione lungo il percorso è un elemento condiviso da molte religioni che, con modalitá diverse affermano l’esistenza di una forza vitale che sopravvive alla morte. Questa per purificarsi vive ciclicamente molte vite in corpi diversi finché, avendo eliminato tutti i desideri materiali, divenuta cosciente della propria natura divina e alimentando con l’amore la propria relazione con il divino, raggiunge la perfezione.
Esistono diversi tipi di Karma:
- Karma cosmico
- Karma collettivo dell’umanitá
- Karma del popolo
- Karma familiare
- Karma individuale.
La prima fonte nella quale troviamo formulata la legge del karma sono i Veda, la cui collocazione storica risale al 1500 a.C. Nelle Upanishad - ovvero la parte conclusiva dei Veda – è enunciato: “L’anima individuale si determina secondo particolari condizioni, nelle forme che sono conseguenza del suo precedente agire, secondo il proprio grado”. Nelle Upanishad il karma è inteso come debito ed ha una connotazione etica. Successivamente la teoria del karma venne reinterpretata per un bisogno di liberazione e reincarnazione e Sé superiore, karman e atman, divennero i pilastri della nuova corrente spirituale del pensiero indiano post-Upanishad.
Il pensiero della civiltá indiana poggia su quattro pilastri:
- La ruota del karma;
- Maya, il mondo delle illusioni, dominato dalla sofferenza;
- Lo yoga, disciplina volta a superare maya;
- Moksha, o samadhi, che è la liberazione dell'atman (il Sé) dalla ruota delle incarnazioni, quindi l’emancipazione dalla legge del karma.
Comprendere il karma ci consente di imparare dai nostri errori e di riparare colpe commesse nelle esistenze precedenti (che ne abbiamo o meno memoria saremo portati naturalmente verso il progresso o il regresso) ma la legge del karma è molto complessa. Esistono infatti diversi tipi di strutture karmiche, le principali sono Prarabdha karma, Agami karma e Sanchita karma. Il primo è il karma delle vite precedenti in atto in questa vita, un karma che è giá maturato i cui effetti sono giá accaduti (la nostra nascita, i genitori, il nostro corpo..) rispetto al quale possiamo solo imparare a sviluppare la tolleranza e l’accettazione. L’ Agami karma è quel karma che stiamo creando e che giá in questa vita ha le sue conseguenze, quello a noi piú vicino e maggiormente identificabile e modificabile lavorando sull’ego. Il Sanchita karma infine è il karma di tutte le notre vite precedenti, l’archivio di tutti i semi karmici che maturano vita dopo vita e risiede nel nostro inconscio. Per liberarsi da ogni karma occorre bruciare quest’archivio di azioni passate che attendono di portare i loro effetti. Ricordiamo peró che, nonostante le resistenze del mentale, noi possiamo lavorare solo sul karma individuale, perché il Karma collettivo cambia solo se ciascuno di noi lavora sul prorpio. Un ottimo modo di modificare il proprio karma è quello di modificare la propria alimentazione e non mangiare animali, la Bhagavad-Gitâ è molto chiara parlando di cibi in decomposizione o putridi, questo modifica velocemente i karma negativo ed aiuta a non accumularne altro.
La schiavitú karmica è dovuta al nostro attaccamento ai risultati delle nostre azioni, è un effetto dell’egoismo, ma ogni desiderio egoico non fa altro che stringere di piú le nostre catene. Piú siamo inconsapevoli, piú il Karma é un botta e risposta, ma quando iniziamo a fare un lavoro interiore su noi stessi ecco che l’effetto karmico diventa interiore. Tutta la lotta karmica infatti si svolge a livello mentale, per tale ragione lo yoga è la risposta piú efficace. Occorre un vero e proprio lavoro etico e yogico per fare proprie le lezioni karmiche in modo da non doverle piú ripetere. Il nostro Karma è quindi una sfida, un’opportunitá di apprendimento ma il desiderio dell’anima resta il vero enigma del libero arbitrio.